Antonino Galletti: “In carcere per ricordare il nostro ruolo di difensori sociali”

Antonino Galletti, presidente COA Roma, ci regala questa bella testimonianza

Premetto doverosamente, al fine di non ingenerare false speranze in qualche figurante della politica forense nostrana, di esservi entrato spontaneamente, anzi su invito di un manipolo di persone eccezionali per merito delle quali oggi, per la prima volta dopo l’elezione, ho sentito tutto il peso e l’orgoglio di rappresentare la famiglia forense romana.
Nell’ambito del progetto “Conoscenza è libertà” dell’Ordine forense romano e della nostra scuola forense sono stato invitato ad assistere e a partecipare agli esami di diritto civile sostenuti dagli studenti detenuti seguiti da magnifici ed eroici colleghi volontari che intendo citare uno per uno in segno di stima, riconoscimento e profonda gratitudine.
La commissione era composta dal collega Prof. Luca di Donna (Ordinario di diritto privato europeo alla Facoltà di Giurisprudenza Sapienza), dalla collega Avv. Maria Chiara Fazio (Facoltà Giurisprudenza, Sapienza) e dalla dott.ssa Chiara Venanzoni (Facoltà Giurisprudenza, Sapienza).
Hanno sostenuto con esito favorevole gli esami quattro eccezionali studenti detenuti negli occhi dei quali ho letto la speranza di un futuro migliore, da perseguire attraverso la cultura in vista dell’agognata libertà.
Erano presenti agli esami altri magnifici campioni di generosità ed umanità: i colleghi Marina Binda (Foro di Roma), Valentina Ippolito (Foro di Roma), Simone Rusticelli (Foro di Roma), Francesco di Paolo (Foro di Roma e di Bruxelles) e la giovane dott.ssa Martina del Priore (Foro di Roma).
Non erano presenti questa mattina, soltanto perché impegnati in attività professionali, i colleghi Aurelia Antonini, Maria Cristina De Angelis, Giulia Salvati, Simone Vittori e i dottori Francesco Rebaudo e Gaetano Mattioli.
Qualche giorno fa gli studenti avevano sostenuto l’esame di diritto commerciale con la prof. Giuliana Scognamiglio e di diritto dell’UE con il prof. Vincenzo Cannizzaro.
Non dimenticherò l’accoglienza e l’elegante compostezza dei volontari, né le domande dei detenuti, le richieste e i loro problemi. I tanti casi di ordinaria ingiustizia che mi sono stati rappresentati.
Non dimenticherò la cortesia e la disponibilità del personale che ha approfittato dell’incontro per chiedere chiarimenti sul ruolo del difensore nel carcere.
Non dimenticherò soprattutto la responsabilità di avere potuto rappresentare dinanzi a chi è stato privato della libertà la funzione e il ruolo sociale di coloro che i diritti e le libertà hanno il dovere di difenderli ogni giorno in modo intransigente.
Ero indeciso sull’opportunità di divulgare sui social queste mie sensazioni personali, ma ho ritenuto di farlo per testimoniare l’esistenza di questi eroi moderni i quali non hanno mai chiesto nulla alle istituzioni forensi, limitandosi – si fa per dire – a donare silenziosamente parte di se stessi e del loro tempo e addirittura a ringraziarci per l’opportunità che gli è stata offerta!
Incredibile: erano loro a ringraziarmi per avere condiviso per pochi minuti un’esperienza indimenticabile, mentre io riflettevo sul fatto che l’intera avvocatura romana avrebbe dovuto inchinarsi per rendergli doveroso omaggio per l’opera silenziosa di rilancio dell’immagine e della funzione sociale di noi tutti.
Effettivamente oggi ho avuto la conferma del principio che la cultura e la legalità sono l’ultimo baluardo a garanzia di chi non ha nulla, neppure la libertà.
Ricordiamolo a noi stessi ogni giorno e poi a tutti.
Ricordiamolo sempre quando indossiamo la toga.

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