Il paese della brava gente / di Paolo Bruni

L’attracco della Sea Watch con a bordo 42 migranti nel porto di Lampedusa, avvenuto il 29 giugno scorso, ha offerto una nuova opportunità di osservare il trend sociologico e comportamentale della popolazione italiana nella sua interezza. Chiunque, infatti, in quest’occasione si è espresso con un suo atteggiamento e, nessuno escluso, ha avuto una nuova occasione di dimostrare l’aspetto del proprio essere e la propria indole in questo particolare momento storico. Indipendentemente dalla vicenda, dalle conseguenze da essa scaturite e dalla posizione degli italiani intrapresa in merito, vogliamo esaminare le loro reazioni cercando di capire come gli abitanti del Paese affrontino le evenienze e i c.d. “casi della vita”, specie le problematiche più impegnative, e come siano capaci di affrontarle. Anche avendone già una compiuta cognizione, questa è stata l’ennesima conferma di quanto gli italiani siano impulsivi, quasi privi di empatia e più propensi alle esternazioni prive di riflessione. È sempre più frequente, infatti, l’immediata configurazione di schieramenti, pro e contro, ancora prima di conoscere ampiamente i fatti, prima di aver riflettuto sulle azioni altrui e le proprie. In sostanza, gli italiani lasciano scoprire la loro personalità con incredibile rapidità permettendo, quindi, a qualsiasi osservatore esterno, di individuarne la natura. In quest’occasione, come in tante altre, gli abitanti della nostra penisola si mostrano divisi fra chi è carico di odio verso obiettivi astratti che si concretano di volta in volta, esseri privi di amore per i propri simili, siano individui amorali e violenti, maschilisti, razzisti, privi di educazione, da chi si segua i principi della condivisione, del soccorso, del bisogno di preservare la propria specie e tenti di liberarsi da pregiudizi, divisioni, confini, appartenenze, cercando di essere quanto il più umano possibile. In breve, c’è chi cerca un nemico sempre e ovunque contro chi tenta di cancellare il concetto di nemico dal proprio pensiero. Sarebbe troppo semplice dividere i due schieramenti per condizione sociale, cultura, appartenenza geografica, scelta politica ma, nella realtà, non è così semplice. Se durante lo sbarco dei migranti e l’arresto di Carola Rackete, comandante della Sea Watch, si sono potute ascoltare le più becere espressioni sessiste, offensive, cariche di odio condito di minacce, queste non provenivano soltanto da un’orda di teppisti ignoranti ma anche da soggetti che, per condizione, cultura, ruolo sociale, dovrebbero approcciarsi con pacatezza, oggettività e fattività. Il linciaggio verbale e mediatico è scaturito anche da donne di mezza età che mostrano il profilo di madri e mogli vocate alla casa, alla chiesa, ai social e alla TV, così come da uomini apparentemente tranquilli e moderati poco interessati alle vicende politiche e sociali. Figure sostanzialmente anonime. Eppure perfino personaggi pubblici appartenenti al mondo delle istituzioni, della cultura, della comunicazione, si sono espressi oltre le righe anche augurando e minacciando il peggio per un essere umano. Se da una parte c’è chi augura stupri di gruppo o racconta di orge consenzienti all’indirizzo di Carola Rackete, c’è chi, dall’altra parte ha lanciato gravi insulti e offese nei confronti di Angela Maraventano, ex senatrice della Lega che, a capo di un gruppetto di manifestanti leghisti non autorizzati, durante l’attracco aveva dichiarato “qui, stasera ci scappa il morto”. Si può approvare o dissentire su un principio ma è difficile comprendere il perché le offese, le minacce e gli attacchi, verbali e fisici, nel nostro Paese seguano un’inversa proporzionalità con la fragilità delle vittime. L’oggetto dei peggiori attacchi sono sempre le donne, i minori, gli stranieri specie se profughi o immigrati, gli individui pacifici, pacati, ragionevoli e pronti al dialogo. In Italia, esseri incredibilmente arretrati convivono con persone civili e sia gli uni sia gli altri sono riscontrabili in qualsiasi ambito. Gli orribili insulti verso Carola Rackete, quelli contro la cantante Emma Marrone che si è indignata per le minacce di stupro, le allusioni sessuali contro Angela Maraventano, hanno la stessa radice maschilista, classista, razzista che continua a manifestarsi palesemente o serpeggia ovunque. Il confronto pacifico è molto più costruttivo, comporta minore dispendio di energie e, soprattutto, è molto più civile, delle esternazioni dirette o mediatiche, becere, volgari e inconcludenti anche se efficaci ai fini elettorali. Una nota particolare merita la personalità dei “facinorosi verbali” che portano a compimento le loro nefandezze solo con l’uso del web, dell’anonimato o confondendosi fra la folla ma che, nel confronto diretto, sono impacciati, privi di argomentazioni e incredibilmente pavidi. 

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