Noi siamo quelli stropicciati, quelli fuori posto, disordinati, liberi e ostili al formalismo. Avevamo visto in lui il simbolo dell’orgoglio, la rivincita della bellezza, opposta alla teoria che vincere sia la sola cosa che conta. Avevamo creduto nel dito medio ai tifosi avversari, lo avevamo difeso quando indossava la tuta, ed ogni vittoria ottenuta in quel modo, con la sfrontatezza di chi non voleva aiutini, sospetti, vantaggi, per noi valeva triplo. Avevamo gioito di una concezione della vita che sapeva dire di no al potere, che voleva mantenere saldo un legame con l’identità. No, non era solo un gioco per noi, non era calcio e nemmeno campanilismo, ma era molto di più, così come accadeva quando Diego poteva dire, facendoci sentire orgogliosi, che lui “da quelli” non ci sarebbe mai andato, perché lui si sentiva un uomo del sud, uno del sud del sud del mondo, che lottava contro i soldi dei padroni, per la gente povera e senza soldi.
Romanticismo esasperato? Fanatismo? Classismo? Chiamatelo come volete, ma per noi la favola di Davide che batte Golia non è mai arrivata alla frase “e vissero felici e contenti”. Noi vogliamo continuare ad identificarci in eroi romantici, che se ne fregano della cravatta imposta dal falso stile, che gioiscono come ossessi quando KK si libra nello spazio infinito e segna un gol che sa di smacco cosmologico, perché anche il nostro pilastro d’ebano è del sud, anzi, è talmente nero da togliere ogni dubbio a chi soffre perché è un africano napoletano. Bellissimo, quel ragazzo nerissimo, africano e napoletano, che spara un missile di testa, insacca, e ci fa sentire Re del mondo. E chi se ne frega se poi quello scudetto l’hanno vinto loro, chi se ne importa degli Orsato, delle feste in tono minore, del vincere a qualsiasi costo? Noi non siamo e non saremo mai quelli e pensavamo che Maurizio fosse uno di noi.
Ci sbagliavamo. Oggi il rinnegato ci spiega che “avimm pazziat”, che era tutto uno scherzo, che no… il palazzo non era quella cosa lì. E allora cosa dire? Noi non avevamo capito male. Mi sa che sei tu quello che non ha capito nulla. Buona fortuna Mister, ne avrai davvero bisogno. A noi la fortuna non serve, ci basta la nostra irrinunciabile identità.