La riforma del diritto penale agroalimentare: la tutela dell’impresa tra compliance e tecnologia

Un settore chiave per il rilancio del made in Italy in questa fase emergenziale, quello agroalimentare, è in attesa della definitiva approvazione di una riforma epocale che vuole costituire uno strumento efficace  per il contrasto alla diffusione delle agromafie e di tutte quelle fattispecie di reato che si perfezionano nella filiera agricola ed agro commerciale.
Lo scorso 23 aprile, infatti, il disegno di legge AC 2427 è passato al tavolo della Commissione Giustizia per l’esame in sede referente: i contenuti del testo sono per lo più quelli dell’originario progetto Caselli (così chiamato dal nome del Dott. Giancarlo Caselli che ha presieduto la Commissione di riforma istituita nell’anno 2015).

L’azione innovatrice si svolge su due piani, ossia: “da un lato, la delimitazione della categoria dei reati di pericolo contro la salute, in modo da riformare la tutela di beni giuridici di riferimento, che richiedono l’anticipazione delle correlate incriminazioni già alla soglia del rischio e, comunque, in funzione anticipata e preventiva; dall’altro lato, la rielaborazione del sistema sanzionatorio contro le frodi alimentari, con particolare riferimento alle organizzazioni complesse ed alla responsabilità delle persone giuridiche che sono divenute ormai, nella dimensione allargata degli scambi commerciali, il principale referente criminologico, così da aprire la strada a risposte effettive e differenziate in ragione dell’effettivo grado di offensività” (così le linee guida).

Invero, non era più procrastinabile l’inserimento dei reati posti in essere dall’impresa alimentare nell’impianto di responsabilità delineato dal D.Lgs. 231/2001 a carico degli “enti”, né poteva più tollerarsi, ad esempio, l’assenza di presidi sanzionatori per il mancato ritiro dal mercato di alimenti pericolosi.

L’articolato si snoda attraverso un percorso che novella innanzitutto le fattispecie incriminatrici, anticipando la tutela ed aggravando il carico sanzionatorio: il diritto penale alimentare ne esce ridisegnato, con importanti novelle al codice penale, in materia di delitti di comune pericolo contro la salute pubblica e la sicurezza di acque, alimenti e medicinali, intervenendo sui nuovi delitti di importazione, esportazione, commercio, trasporto, vendita o distribuzione di alimenti, medicinali o acque pericolosi, di omesso ritiro di alimenti, medicinali o acque pericolosi e di informazioni commerciali ingannevoli o pericolose.

Viene creato un nuovo capo a tutela del patrimonio agro-alimentare, con inasprimento edittale per la contraffazione dei segni di denominazione protetta e indicazione geografica dei prodotti agro-alimentari, l’introduzione dell’agropirateria, della frode in commercio di alimenti e frode in commercio di alimenti con segni mendaci, viene inoltre inserito il delitto di disastro sanitario.

Inoltre, è novellata la disciplina in tema di produzione e vendita delle sostanze alimentari e delle bevande e degli illeciti ad esse connessi, di cui alla L. 30 aprile 1962, n. 283, al fine di includere condotte allo stato sguarnite di tutela giuridica, ma prodromiche al manifestarsi di condotte lesive della salute pubblica penalmente rilevanti.

L’accertamento processuale dei fatti criminosi viene presidiato in vari modi, tra cui:

  • l’ammissibilità di disporre intercettazioni telefoniche o di altre forme di telecomunicazione, tra l’altro, nei procedimenti relativi alla frode in commercio di alimenti e al commercio di alimenti con segni mendaci
  • la possibilità di anticipare la prova peritale consistente nell’analisi di alimenti, ancorché non deperibili, in caso di sequestro disposto nella fase delle indagini preliminari (non solo probatorio ma anche preventivo)
  • la possibilità di effettuare prelievi di campioni rappresentativi in sede di accertamento urgente sullo stato dei luoghi e delle cose
  • l’ampliamento delle ipotesi in cui è consentita la confisca allargata, con aggiunta delle ipotesi di associazione a delinquere realizzata allo scopo di commettere i delitti di frode nel commercio di alimenti e di commercio di alimenti con segni mendaci
  • la possibilità di disporre operazioni di p.g. sotto copertura, in caso di contraffazione dei segni di indicazione geografica e di denominazione protetta dei prodotti agro-alimentari, agropirateria, commercio di alimenti con segni mendaci.

Fatto questo breve excursus, in questa sede ci si vuole in realtà soffermare sull’importante introduzione nel già ampio catalogo dei reati presupposto di cui al D.Lgs. 231/2001, dei delitti agroalimentari mediante la novella dell’art. 25-bis.1 e l’introduzione di due nuove articoli 25-bis.2 “Frodi in commercio di prodotti alimentari” e 25-bis.3 “Delitti contro la salute pubblica”; soprattutto, viene inserito un nuovo articolo 6-bis, recante espresse indicazioni per il modello di organizzazione dell’ente qualificato come impresa alimentare.

Ai sensi dell’articolo 3 del Regolamento (CE) n. 178/2002 del Parlamento europeo e del Consiglio del 28 gennaio 2002, è “impresa alimentare” quella soggettività che, con o senza fini di lucro, svolge una qualsiasi delle attività connesse ad una delle fasi di produzione, trasformazione e distribuzione degli alimenti.

Il nuovo art. 6bis del D.Lgs. 231/2001 contiene importanti indicazioni circa i requisiti che il modello dell’impresa alimentare deve avere affinchè possa essere ritenuto idoneo ad avere efficacia esimente o attenuante della responsabilità dell’ente, in caso di attività esercitata in forma societaria, con ulteriori indicazioni in ordine al sistema di vigilanza per le piccole e medie imprese, oltrechè per le imprese alimentari che contano meno di dieci dipendenti e volume d’affari annuo inferiore a due milioni di euro.

Recita la norma che “…il modello di organizzazione e gestione idoneo ad avere efficacia esimente o attenuante della responsabilità amministrativa delle imprese alimentari costituite in forma societaria, … deve essere adottato ed efficacemente attuato assicurando un sistema aziendale per l’adempimento di tutti gli obblighi giuridici, a livello nazionale e sovranazionale, relativi:
a) al rispetto degli standard relativi alla fornitura di informazioni sugli alimenti;
b) alle attività di verifica sui contenuti delle comunicazioni pubblicitarie al fine di garantire la coerenza degli stessi rispetto alle caratteristiche del prodotto;
c) alle attività di vigilanza con riferimento alla rintracciabilità, ovvero alla possibilità di ricostruire e seguire il percorso di un prodotto alimentare attraverso tutte le fasi della produzione, della trasformazione e della distribuzione;
d) alle attività di controllo sui prodotti alimentari, finalizzati a garantire la qualità, la sicurezza e l’integrità dei prodotti e delle relative confezioni in tutte le fasi della filiera;
e) alle procedure di ritiro o di richiamo dei prodotti alimentari importati, prodotti, trasformati, lavorati o distribuiti non conformi ai requisiti di sicurezza degli alimenti;
f) alle attività di valutazione e di gestione del rischio, compiendo adeguate scelte di prevenzione e di controllo;
g) alle periodiche verifiche sull’effettività e sull’adeguatezza del modello.
2. I modelli di cui al comma 1, avuto riguardo alla natura e alle dimensioni dell’organizzazione e del tipo di attività svolta, devono in ogni caso prevedere:
a) idonei sistemi di registrazione dell’avvenuta effettuazione delle attività ivi prescritte;
b) un’articolazione di funzioni che assicuri le competenze tecniche e i poteri necessari per la verifica, valutazione, gestione e controllo del rischio, nonché un sistema disciplinare idoneo a sanzionare il mancato rispetto delle misure indicate nel modello;
c) un idoneo sistema di vigilanza e controllo sull’attuazione del medesimo modello e sul mantenimento nel tempo delle condizioni di idoneità delle misure adottate. Il riesame e l’eventuale modifica del modello organizzativo devono essere adottati quando siano scoperte violazioni significative delle norme relative alla genuinità e alla sicurezza dei prodotti alimentari, alla lealtà commerciale nei confronti dei consumatori, ovvero in occasione di mutamenti nell’organizzazione e nell’attività in relazione al progresso scientifico e tecnologico.
3. Nelle piccole e medie imprese, di cui all’articolo 5 della legge 11 novembre 2011, n. 180, il compito di vigilanza sul funzionamento dei modelli in materia di reati alimentari può essere affidato anche a un solo soggetto, purché dotato di adeguata professionalità e specifica competenza nel settore alimentare nonché di autonomi poteri di iniziativa e controllo. Tale soggetto è individuato nell’ambito di apposito elenco nazionale istituito presso le Camere di commercio, industria, artigianato e agricoltura con provvedimento del Ministero dello sviluppo economico.
4. Il titolare di imprese alimentari aventi meno di dieci dipendenti e volume d’affari annuo inferiore a 2 milioni di euro può svolgere direttamente i compiti di prevenzione e tutela della sicurezza degli
alimenti o mangimi e della lealtà commerciale, qualora abbia frequentato corsi di formazione adeguati alla natura dei rischi correlati alla propria attività produttiva nel rispetto dei contenuti e delle articolazioni, da definire mediante accordo in sede di Conferenza permanente per i rapporti tra lo Stato, le regioni e le province autonome di Trento e di Bolzano entro il termine di dodici mesi dalla data di entrata in vigore della presente disposizione. In tale ipotesi, non ha l’obbligo di designare l’operatore del settore degli alimenti o dei mangimi, il responsabile della produzione e il responsabile della qualità…».

Con l’introduzione della riforma nel panorama legislativo italiano s’imporrà, dunque, la necessità di conformarsi alla norma, mediante completa revisione dei compliance programs già adottati, se non l’adozione stessa di un sistema preventivo in caso di imprese di piccole dimensioni che ne risultino ancora sprovviste.

Altro aspetto di novità: all’interno della L. 30.04.1962, n. 283, già sopra citata, l’espressa previsione di una “delega di funzioni”, volta ad individuare, soprattutto all’interno di organizzazioni complesse, il centro di imputazione di responsabilità. Il Legislatore, dunque, mutuando l’esperienza giurisprudenziale sull’omologo istituto in tema di salute e sicurezza sui luoghi di lavoro, espressamente introduce la delega di funzioni in campo agroalimentare, che dovrà essere conferita tramite atto scritto avente data certa, sottoscritto dal delegato per accettazione, mentre il delegato dovrà possedere i requisiti di professionalità ed esperienza richiesti dalla natura delle funzioni delegategli, con attribuzione di tutti i poteri di organizzazione, gestione e controllo necessari all’esercizio delle funzioni delegate ed autonomia di spesa. La delega dovrà ricevere una tempestiva ed adeguata pubblicità.

Da notarsi: il soggetto delegante è destinatario dell’obbligo di vigilanza sull’esercizio delle funzioni delegate, che si intende, però, adempiuto se l’impresa ha adottato un efficace modello di organizzazione, ai sensi dell’art. 6-bis del d.lgs. 231 del 2001.

È prevista, altresì, la possibilità di una sub-delega, purchè nel rispetto dei requisiti di forma e sostanza anzidetti.

 

Infine, un aspetto fondamentale su cui si vuole portare l’attenzione, la violazione degli obblighi di rintracciabilità degli alimenti, innalzato a fattispecie contravvenzionale, con ammenda da euro 600 a 6.000 per quegli operatori del settore alimentare e dei mangimi che impediscono, ostacolano o comunque non consentono agli organi di controllo la ricostruzione della rintracciabilità degli alimenti di cui all’articolo 18 del Regolamento (CE) n. 178/2002 del Parlamento europeo e del Consiglio del 28 gennaio 2002.

La violazione rappresenterebbe, infatti, un sintomo rivelatore di frodi più gravi operate sull’origine degli alimenti mediante falsificazione della filiera.

E questo offre il fianco alla riflessione finale: l’importanza che gli obblighi di tracciabilità assumono nel complessivo riordino del diritto penale agroalimentare, anche alla luce del contenuto tipico che il ddl in esame va a conferire al modello di organizzazione, gestione e controllo ex D.Lgs. 231/2001 dell’ente alimentare.

L’emananda riforma imporrà la necessità di una revisione delle strutture organizzative e di controllo nell’ottica di prevenire reati, evitare contestazioni di carattere penale ma soprattutto evitare l’apertura di un procedimento a carico dell’”ente” ex D.Lgs. 231/2001, visto il pesante regime sanzionatorio, ove accanto all’indefettibilità dell’elevata pena pecuniaria, sono le sanzioni interdittive a realmente compromettere la sopravvivenza dell’attività di impresa.

E allora, per garantire la tracciabilità e prevenire ipotesi di reato, sarà sempre più necessario affidarsi alla tecnologia per rafforzare i presidi di controllo: il pensiero corre verso la blockchain, già da tempo impiegata nella gestione della catena di distribuzione.

Sviluppi in tal senso vengono auspicati da più parti: basta esaminare la recente sintesi del piano di Proposte per la Strategia italiana in materia di tecnologie basate su registri condivisi e blockchain,  pubblicata dal Ministero per lo Sviluppo Economico, per rendersi conto della necessità di accostarsi alle soluzioni offerte dalla matematica, anche per costruire un piano di compliance.

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