Ambiente / Salvare o distruggere: è iniziato il cambiamento

È molto più semplice creare qualcosa di nuovo piuttosto che modificare, demolire, ricostruire, adeguare qualcosa di esistente ma inadeguato. Da questa riflessione parte un ragionamento in merito alla salvezza del Pianeta che, per tutta una serie di emergenze ambientali, non è più rinviabile. Bisogna, però, avere un obiettivo preciso in merito all’intento di salvare la Terra dal suo crescente degrado causato fondamentalmente dall’antropizzazione. Attivare delle procedure complesse, che mutano radicalmente le condotte e le abitudini umane, che hanno un costo elevatissimo, deve avere una motivazione altrettanto valida e univoca. È necessario comprendere qual è il vero obiettivo. Sembra un interrogativo insensato eppure la risposta non è così scontata. C’è chi, infatti, ritiene che salvare il Pianeta significhi salvare l’umanità, mentre per altri ha il significato di salvare le biodiversità, oppure l’intero regno animale e quello vegetale dall’estinzione anche parziale. Per qualcuno l’esigenza riguarda la tutela di una parte del Globo considerandola come civilizzata rispetto ad aree geografiche da impiegare per lo sfruttamento a favore delle prime. Evidentemente, non tutti convengono sulle opinioni mirate alla riduzione della produzione industriale e lo sfruttamento delle risorse naturali a favore di soluzioni ecocompatibili. Di sicuro, l’uomo non può sopravvivere a lungo in un ambiente che non è a lui biologicamente confacente. Prima d’intraprendere qualsiasi scelta futura, però, è necessario valutare la condizione dell’intera umanità perché ciò che per una parte può apparire ininfluente, per l’altra può essere indispensabile. Il riferimento è al c.d. “terzo mondo” dove, piuttosto che vivere meglio, sarebbe già una conquista vivere. Proprio ribadendo che è molto più semplice creare qualcosa di nuovo piuttosto che modificare, demolire, ricostruire, adeguare qualcosa di esistente ma inadeguato e rilevando la condizione di vita delle aree povere del mondo, diviene necessario individuare precisi ed equi obiettivi. Se si mira alla salvezza della Terra, sarebbe più sensato iniziare il cambiamento proprio da quelle aree dove il degrado non è ancora giunto ma che sono povere, piuttosto che da quelle profondamente degradate ma che registrano le massime concentrazioni di ricchezza economica.

Non ha una vera logica cercare un pianeta dove trasferire ricchi e potenti quando sul Pianeta ci sono enormi aree da cui poter ripartire.

Dopo aver verificato che la colonizzazione, l’invasione, l’espansione e lo sfruttamento esasperato sono le cause dell’attuale condizione, l’unica vera chance di salvezza consiste nell’attuare tutti i progetti “green” ipotizzati per il futuro, proprio nelle aree maggiormente soggette alla povertà, quelle dove si stenta a vivere ma prive di precedenti interventi umani errati. Durante la nuova crescita ecocompatibile si darebbe inizio alla riconversione dei paesi evoluti sino a rendere l’intero Pianeta realmente vivibile e comprensivo di ampi territori, terreni e marittimi, preclusi all’uomo e ad altissima tutela ambientale. Per quanto la visione possa apparire utopica, sarà l’unica percorribile e la sua efficacia è strettamente connessa ai tempi di attuazione. Solo così, si ristabilirebbero i giusti equilibri fra l’uomo e l’ecosistema riportando il primo alla sua reale dimensione, alla pari di qualunque elemento che popoli la Terra. È, infatti, palese che, dove l’uomo abbia interagito con l’ambiente circostante, lo abbia mutato irreversibilmente o distrutto. Questa scelta, però, comporterebbe profondi cambiamenti negli stili di vita, richiederebbe la distribuzione delle ricchezze economiche mondiali ed escluderebbe qualsiasi forma di prevaricazione sociale e sfruttamento. Perseverando nell’attuale andamento, andremmo verso una prospettiva ormai chiara ed evidente. A noi la scelta: salvare o distruggere.

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