Fiscalità | Dopo il Congresso, le due mozioni approvate

di Stefania Martin – Organismo Congressuale Forense

La sessione del Congresso tenutasi a Roma il 26 e 27 luglio 2021 ha approvato due mozioni incentrate sul tema della fiscalità che ritengo particolarmente importanti.

Una è di natura sostanziale: ribadisce la necessità che la riforma fiscale che si sta finalmente profilando come ipotesi concreta e l’introduzione di garanzie da applicarsi alle professioni regolamentate, con funzioni equipollenti a quelle della già varata “indennità straordinaria di continuità reddituale ed operativa” (in acronimo ISCRO), tengano conto del ruolo sociale ed economico dell’avvocato; sul punto l’Avvocatura chiede di partecipare al processo di riforma non quale esclusivo portatore di interessi di categoria ma come soggetto consapevole ed idoneo a contribuire a scelte per il bene della collettività.

La seconda è processuale: chiede che si dia corso a una vera riforma del processo tributario nel quadro del “giusto processo” nell’interesse finanche della stessa economia del paese, da affidarsi senza indugi ad un Giudice togato, reclutato per concorso e quindi professionale e specializzato. Sul punto si sta assistendo proprio in questi giorni ad un’ampia campagna sui giornali per sostenere la riforma ed evitarne l’affossamento in meri palliativi, come gli esiti della Commissione di studio Della Canaea, rimasta senza una conclusione univoca, potrebbero consentire.

Ritengo che la voce dell’Avvocatura su questi punti, e su altri, sia giunta a tempo.

Pur partendo da una posizione personale, devo confessare, piuttosto tiepida quanto alla fruttuosità della celebrazione di una sessione ulteriore del congresso in epoca di Covid, ho maturato poi la convinzione che nella stagione di riforme, per molti versi affrettate ma importantissime e dunque potenzialmente deflagranti, come è la presente, fosse utile e forse necessario intervenire in modo ufficiale e politicamente unitario, e quindi mediante una sessione congressuale.

Ho verificato nella mia sia pur molto limitata esperienza quanto trovi spazi esigui l’azione politica che l’Avvocatura riesce ad esercitare: i nostri parlamentari avvocati sembrano talvolta perdere in fretta il legame con la categoria e comunque, anche se ciò non accade, da cittadini siamo testimoni della conclamata perdita di peso decisionale del Parlamento, che risulta in grado di adempiere alla funzione legislativa in modo efficace solo convalidando le iniziative governative, soprattutto se si sta parlando di risultati in tempi brevi o, come questi in cui viviamo, addirittura affrettati. Nella pratica ciò significa, per esemplificare, che gli emendamenti presentati anche da parlamentari di partiti di governo raramente trovano sviluppo, a differenza di quelli governativi in senso stretto. Non mi arrogo la competenza di affrontare il tema del funzionamento della nostra democrazia parlamentare; ho raggiunto però una consapevolezza diciamo così operativa: per veicolare le opinioni dell’avvocatura quanto a temi che si ritengono essenziali si può ipotizzare un duplice approccio, quello di trovare il modo di presentare un proprio progetto concreto e razionale direttamente nelle stanze dove si prendono le decisioni, cioè al Ministro, mostrando una collaborazione fattiva e consapevole e insieme a questo fare opera di divulgazione nel dibattito pubblico delle posizioni assunte e delle loro ragioni. Il primo è un approccio diretto – che ritengo il Congresso abbia in qualche modo ottenuto catturando l’attenzione del Ministro, vedremo ora se in modo stabile e proficuo –, il secondo è culturale, volto a creare l’humus in cui maturano consapevolezze, si identificano le necessità del sistema paese, le si accetta e le si assume come scopi.

E’ aperta dunque la battaglia per la diffusione del pensiero quanto alla necessità della tutela della professione forense, al pari di ogni altro lavoratore o soggetto economico che genera ricchezza per il paese, con l’attenzione dovuta alla specificità della funzione di pubblica rilevanza che l’Avvocatura esercita: tutela da attuarsi mediante i molteplici aspetti di un approccio fiscale equo ma incentivante e con l’introduzione di idonei ammortizzatori sociali opportunamente declinati (va trovata una soluzione che non deve gravare, con meccanismi puramente assicurativi, sui professionisti già in difficoltà e che non metta in discussione la stabilità e l’autonomia delle casse di previdenza private). A questo si associa, a parere di chi scrive, un’adeguata e urgente regolamentazione della figura dell’avvocato c.d. monocommittenti o collaboratore e il tema, connesso e speculare, dell’ammodernamento della struttura dello studio professionale, anche come modello legale.

 

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