Giuristi italiani al bivio: adeguarsi all’era digitale o soccombere
Sommario:
- L’IA è già realtà: casi concreti e ritardi normativi in Italia.
- Il progetto normativo del Consiglio dell’UE: un primo passo verso la regolamentazione.
- Uomo vs. Macchina: sostituzione o collaborazione?
- L’impatto dell’IA sui diritti individuali: giustizia predittiva e polizia predittiva.
- La responsabilità nell’era dell’IA: verso un modello di responsabilità condivisa.
- Il ruolo chiave dell’avvocatura nel dibattito scientifico.

L’intelligenza artificiale, a dispetto da ciò che si può pensare, è nata molte decadi fa e da diversi anni è in azione.
I giuristi italiani sono, in parte, in grave ritardo rispetto lo scorrere veloce della realtà virtuale, in relazione allo studio dei fenomeni virtuali e degli effetti da quelli scaturenti.
Vi sono stati tribunali, in altre parti del mondo, nei quali si è pensato di emettere provvedimenti decisori con l’A.I., salvo poi attestarne la nullità per i dati errati su cui aveva “lavorato” la macchina.
Altri tribunali hanno, invece, affrontato e deciso su richieste inibitorie proposte da colossi mediatici circa il fagocitamento di loro articoli e dati da parte di sistemi di A.I. addestrati in tal senso.
Presto arriveranno a Giudici penali altre vicende relative a danni causati dall’uso illecito dell’A.I., come la recentissima maxi truffa posta in essere ai danni di una società internazionale con sede a Shangai.
Le partite legali e giudiziarie in gioco, insomma, esistono ovunque nel mondo e su ogni fronte del diritto.
Il Consiglio dell’Unione Europea, data la necessità di assicurare un ambito legale stabile e disciplinato soprattutto a favore delle grandi imprese che investono sul nostro territorio, ha portato in seno al Parlamento un progetto normativo primo al mondo, di ampio rilievo che, da un lato, definisce e chiarisce i diritti in materia e, dall’altro lato, delinea i doveri che ricadono in capo ai soggetti , redattori e fruitori del sistema informatico dell’A.I..
I rischi connessi all’uso di macchine in ambiti sensibili per la vita delle persone, in effetti, sono noti da lungo tempo, tuttavia, non è più possibile stigmatizzare l’avvento della vita telematica quando oltre il 60% della popolazione mondiale, ad esempio, usa quotidianamente i social per informarsi, per comunicare, per essere “connessa”.
Allora occorre partire dai presupposti essenziali: la macchina sostituirà l’uomo?
In verità, la scienza neurologica ci dice che ci vorranno secoli se non millenni prima di arrivare a un’intelligenza artificiale che pensi e, soprattutto, che “senta” come noi, ma nel frattempo, proprio perché dietro questi sistemi c’è l’uomo occorre capire come usarli senza farsi usare.
La macchina, insomma, non sostituirà l’uomo, almeno nel breve periodo, ma incide e lo farà sempre più sui diritti, anche in casi di uso legale: la giustizia tributaria predittiva, per fare un esempio, è già esistente e per quanto la Dirigenza dell’Agenzia delle Entrate ponga come presupposto fondamentale “il dubbio”, resta la convinzione che predire una futura evasione fiscale sulla base di calcoli matematici e pregressi tributari sia lesivo di diritti essenziali di quel cittadino.
D’altronde, in ambito penale, pur volendo soprassedere la tardività con cui il mondo giustizia si “connette” ai portali telematici che dovrebbero velocizzare le attività processuali ma che sono ancora fermi alla necessità delle copie cartacee, esiste da anni un sistema di polizia predittiva, guarda caso con il nome di un dio, che scansiona dati biometrici dei volti, analizza informazioni telematiche e social e “prevede” reati a forte impatto sociale.
Il tema, quindi, va affrontato ben oltre i limiti, pur importanti, della privacy.
Occorre fare uno sforzo di regolazione di un futuro imminente per essere pronti a gestire, ad esempio, violazioni di diritti umani e fondamentali da parte del mondo informatico, diritti che devono essere garantiti in vista dell’implementazione dell’A.I. negli ambiti giudiziari, sanitari, amministrativi, scolastici, etc.
L’A.I., comunque, se non è oggi e non sarà per i prossimi secoli un soggetto autonomo perché essa è figlia di chi la crea e di chi la nutre e di chi la alleva, deve da subito essere impostata in maniera armonica e garantistica della vita biologica.
Sul versante delle responsabilità, pare accettabile l’ipotesi di chi considera valido l’addebito alla società ideatrice (come in ambito di responsabilità dell’ente) per fatti commessi da autori non identificati o non imputabili.
Vanno, poi, anche chiarite e definite, le responsabilità individuali cioè quelle per chi immette i dati errati, per chi sfrutta quei dati a danno di altri, per chi, insomma, agisce illegalmente.
Uno scenario complesso su cui, a parere di chi scrive, l’avvocatura può e deve essere presente nel dibattito scientifico per non lasciare ad altri la decisione sui diritti delle persone.