5S, dal vaffa al va bene tutto la strada è breve

Mai come in questi tempi, la stampa pare completamente asservita al blocco di potere dominante e si muove compatta nel dispensare quella che pare una sorta di narrazione collettiva che tuttavia – grazie al cielo – convince poco e male gli utenti finali.
La storiella che vorrebbero farci ciucciare suona più o meno così: abbagliato da un colpo di sole e da troppi mojito, Salvini ha inspiegabilmente creato una crisi di Governo nel bel mezzo del mese di agosto lasciando tutti sbigottiti e gettando il Paese nel caos. Preoccupato dalle scadenze economiche impellenti e dalle clausole di salvaguardia, il presidente Mattarella  ha iniziato le consultazioni al buio chiedendo ai partiti di verificare se esista una maggioranza squisitamente politica capace di creare un governo stabile e coeso in grado di portare a termine la legislatura salvando la Nazione.
Nell’esclusivo interesse del Paese, PD e Pentastar si sono fatti avanti e hanno iniziato una serrata trattativa (che più volte è stata sul punto di interrompersi) trovando nel premier uscente Giuseppe Conte il punto di sintesi. Insomma quello che veniva definito pupazzo adesso assurge a dignità di fine statista.
Messa così trattasi di una maialata intellettuale che non rende giustizia sia all’intelligenza di chi la racconta sia a quella di chi dovrebbe ingoiarsela come verosimile.

Proviamo a riscriverla questa favoletta anche se forse non ce ne sarebbe nemmeno bisogno.

Alla vigilia delle europee i grillini, reduci da una anno di governo in cui non avevano toccato palla, iniziano un discorso con i leader della sinistra nostrana ed europea finalizzato a liberarsi di Salvini con la regia di Giuseppe Conte che si presta volentieri alla porcata per soffiare il partito a Giggino il bibitaro. Prova ne sia il fatto che da quella campagna elettorale in poi le liti all’interno della maggioranza e gli atti di sabotaggio  alla volta del Ministro dell’interno diventano quotidiani.
Il segnale che ha dato inizio all’ultima fase della strategia è stato il voto inatteso che il Movimento ha dato – unitamente a Ppe e Socialisti – ad Ursula von der Leyen.
Le polemiche continue , il sabotaggio delle politiche leghiste e l’alleanza tra i cinque stelle e le consorterie europee sono state di una chiarezza schiacciante e tali da consentire  a Salvini di prendere meramente atto dei fatti e conseguentemente di staccare la spina. Salvini quindi non ha aperto la crisi. L’ha solo certificata con buona pace della narrazione di regime che vuole dipingerlo come un coglione. Il tutto contando sul fatto che Zingaretti avrebbe preferito votare per liberarsi delle truppe renziane che sono maggioritarie nei gruppi parlamentari del Pd. Ma l’asse di potere tra Zingaretti, Renzi, Conte e Beppe Grillo aveva già raggiunto un punto di equilibrio e i colpi di scena nelle trattative sono soltanto una fictio operis utile a dare l’impressione al pueblo che non si tratti di un biscotto precotto da tempo, di una combine degna del peggior Byron Moreno ma di un compromesso  vero e sofferto. Unica nota fuori dal coro è il povero Gigi Di Maio che infatti è il solo che si oppone forse perché, all’oscuro di tutto e in predicato di tornare allo stadio a vendere noccioline, non si capacita di come ci si possa alleare con un partito che gli stessi Pentastar avevano definito di mafiosi, di corrotti, di indagati, di servi delle banche, di merde che devono morire (Taverna docet) e via complimentandosi. Fin qui la cronaca. Adesso poche banali considerazioni ci paiono d’obbligo. In questi giorni fioccano parole grosse (per il bene dell’Italia, nell’interesse del Paese, per senso di responsabilità): in genere questo tipo di abusata retorica fa ridere i polli ma in questo caso restituisce un senso di fastidio, un conato di vomito. Nonostante tutti tendano a tacitare il profondo dissenso nella base dei due partiti contraenti facendo passare per uomo di Stato un becero opportunista e trasformista come Giuseppe Conte, questo Governo nasce per preservare l’ordine mondiale minacciato da Salvini secondo il quale le prassi consolidate ad uso e consumo delle oligarchie europee andavano ridiscusse (economia, immigrazione, politiche anti Putin, svendita del Paese). E non è un caso se da Trump a Macron,  da Cristine Lagarde passando per Juncker, tutti si affrettino a mettere ufficialmente becco in maniera sgarbata e irrispettosa sulla crisi italiana manco fossimo una colonia. Altro discorso invece riguarda il ruolo che il Presidente Mattarella intende recitare in questa crisi: intende fare il contabile verificando meramente se esista una maggioranza numerica in Parlamento oppure vorrà occuparsi di verificare se la compagine che va formandosi esprima valori politici condivisi che assicurino stabilità al Paese? Nel primo caso – con il dovuto rispetto – non riusciremmo a comprendere per quale strano motivo in Italia esista ancora un Capo dello Stato cui viene assegnato un ruolo acritico e al limite del bovino (basterebbe prendere un foglio di carta e segnare con una x chi ci sta a votare la fiducia senza tenere in piedi il Quirinale). Nel secondo caso, e cioè se Mattarella volesse fare opportune considerazioni di merito, non comprenderemmo come egli possa considerare politica una maggioranza che nasce solo dalla paura di andare al voto certificando che i due soggetti che compongono la costituenda alleanza di governo non esistono più e che il centrodestra è maggioranza schiacciante nel Paese.

Cosa c’è di politico e di organico in una coalizione che nasce perché Salvini ha vinto tutte le  elezioni celebrate negli ultimi due anni certificando il pauroso arretramento degli altri partiti?

È politica una maggioranza che sta insieme solo per arginare la Lega tirando a campare? E cosa pensa Mattarella di un programma di governo fumoso che va dallo scioglimento dei ghiacciai passando per il riscaldamento globale e per il problema delle emorroidi della foca monaca? Non è forse un diversivo per nascondere una coabitazione fortemente litigiosa e culturalmente inconciliabile? È politica una maggioranza che sta insieme per paura (di Salvini, delle elezioni, dell’estinzione)? Come faranno Conte e Di Maio che hanno appoggiato i provvedimenti in tema di immigrazione a convivere con Del Rio e con coloro che sono saliti sulla Sea Watch per avversare quelle stesse politiche? Come farà il partito di Toninelli e dei notav a convivere con Gentiloni e con chi la Tav l’ha voluta ponendo in essere gli atti legislativi conseguenti? Come farà Di Maio a convivere con la Boschi dopo averla definita come appartenente al partito di Banca Etruria? E il povero Dibba dovrà smettere di scrivere il suo libro su Bibbiano e sugli scandali del Pd? Dal vaffanculo al va bene tutto la strada è breve. Ma, se questa accozzaglia dovesse nascere davvero, Mattarella avrebbe molte cose da spiegare. Soprattutto alla propria coscienza.

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