Intelligenza artificiale: sfide etiche e giuridiche per la sicurezza dei diritti

La Carta sull’intelligenza artificiale: tra etica, sicurezza e diritti umani

Sommario:

  • L’Europa e l’Italia si dotano di Carte sull’Intelligenza Artificiale.
  • L’uomo al centro del nuovo sistema artificiale: sfide e perplessità.
  • Lo Stato di prevenzione e la sicurezza dei diritti in un contesto di IA.
  • Il tema dell’uso dei dati biometrici: divieti, eccezioni e garanzie.
  • Il dibattito sulla predittività e l’anonimizzazione dei dati.
  • Etica, sicurezza e diritti umani: le sfide aperte per il futuro dell’IA.

 

Tania Rizzo

Con uno straordinario impegno durato diversi anni, l’Europa ha redatto, approfondito ed approvato in Parlamento la prima Carta al mondo sull’Intelligenza Artificiale definendone obiettivi, usi, limiti e valori di riferimento.

Con un ulteriore, forse più grande impegno, l’Italia darà alla luce, nel giro delle prossime settimane, la prima Carta nazionale sull’Intelligenza Artificiale, rendendo concretamente operativa la Raccomandazione Europea.

Siamo al giro di boa: l’I.A. non è più futuro ma presente.

La Carta Europea e, più segnatamente quella in corso di redazione in Italia, rappresenta un insieme ricco di spunti e risorse per individui, imprese e pubbliche amministrazioni che devono, però, essere contemperati da limiti e oggettivi ed etici, tra cui il più importante è certamente lo sviluppo “sicuro ed umanocentrico” dell’intelligenza artificiale.

La questione dell’uomo quale centro del nuovo sistema artificiale pone sin da subito perplessità di segni oppositi (saremo in grado di addestrare le macchine in modo rispettoso dell’essere umano oppure no?) ma la questione sulla sicurezza non può che destare gravi riflessioni, soprattutto applicate in campo giuridico.

In un’ottica di rappresentazione statuale come prevenzione dell’effettiva garanzia dei diritti della persona in ambito sociale, è innegabile che oggi lo Stato costituzionale liberaldemocratico debba confrontarsi “(…) con i complessi processi di trasformazione delle società moderne, alla luce dell’evoluzione tecnologica, delle dinamiche globali di produzione e delle sfide del multiculturalismo. Si affermano dunque tutte le caratteristiche di quello che è stato individuato come lo Stato di prevenzione il cui compito non è tanto (o meglio, non è solo) garantire un preteso diritto alla sicurezza personale dei singoli individui, quanto la complessiva sicurezza dei diritti dei cittadini e dei beni giuridici loro sottesi, in un contesto sociale complesso e ricco di contraddizioni.” (tratto da La sicurezza e le sue dimensioni costituzionali di Tommaso F. Giupponi,
Diritti umani. Teorie, analisi, applicazioni, a cura di S. Vida, Bologna, 2008 che richiama E. Denninger, Stato di prevenzione e diritti dell’uomo, in Nomos, 1996, n. 2, pp. 47ss.).

Le applicazioni dell’Intelligenza Artificiale, quindi, devono e dovranno essere sottoposte costantemente alla verifica circa la complessiva sicurezza personale dei singoli individui e la complessiva sicurezza dei diritti dei cittadini e dei beni giuridici loro sottesi.

A proposito di verifica sulla sicurezza dei diritti, un primo e stringente tema da affrontare, è l’uso dei dati biometrici, oramai da tempo nella nostra quotidianità (si pensi ai sistemi di video sorveglianza e registrazione effettuati da pubbliche amministrazioni).

La sicurezza e la tutela della riservatezza sono diritti che vanno garantiti anche nell’acquisizione ed uso di dati biometrici, in quanto le caratteristiche in essi contenute (sia fisiche che comportamentali) garantiscono l’identità e l’unicità di ogni soggetto.

Nel testo dell’EU AI ACT è confermato il divieto di uso dei sistemi d’identificazione biometrica remota in tempo reale e negli spazi pubblici, fatta eccezione per ricerca di vittime di gravi delitti o di persone scomparse; per la prevenzione di minacce alla sicurezza/incolumità pubblica o attacchi terroristici; per la localizzazione o identificazione di sospettati per la commissione di alcune tipologie di reati. Nei casi indicati, infatti, il ricorso al riconoscimento facciale “è necessario per raggiungere un sostanziale pubblico interesse, la cui importanza supera i rischi”.

In questi casi le forze dell’ordine possono accendere al riconoscimento facciale previa e necessaria autorizzazione di una autorità giudiziaria o di un ente indipendente, dopo aver analizzato la valutazione di impatto e la tutela dei diritti fondamentali dei cittadini, ma se gli inquirenti reputano di dover agire con la massima urgenza possono attivare il riconoscimento biometrico e hanno 24 ore di tempo per ottenere la convalida da parte dell’Autorità Giudiziaria.

Come segnalato nell’AI ACT, comunque, il diritto fondamentale alla protezione dei dati personali è garantito in particolare dai regolamenti (UE) 2016/679, (UE) 2018/1725 del Parlamento europeo e del Consiglio, dalla direttiva (UE) 2016/680 del Parlamento europeo e del Consiglio e dalla direttiva 2002/58/CE del Parlamento europeo e del Consiglio: il quadro normativo di riferimento, quindi, pare essere ben definito ma permangono seri dubbi circa il contemperamento tra diritti personali e il macro tema della sicurezza sociale, nei termini sopra rilevati, e più specificamente nell’ambito della predittività.

L’utilizzo di algoritmi per prevedere le probabilità con cui può essere commesso un reato, da chi e dove è sottoposto, dall’EU AI ACT, a divieto salvo l’uso di sistemi di analisi dei reati, che utilizzano informazioni anonimizzate per fornire tendenze sulla scena criminale ma l’anonimizzazione non sarà, forse, un ulteriore passo verso la generalizzazione della predittività, con tutti i rischi annessi e connessi in tema di deresponsabilizzazione degli addestratori, dei gestori e dei fruitori finali della macchina?

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