Pianeta Terra vs capitalismo: freniamo il consumismo smodato

Duecento aziende americane hanno firmato un accordo nel quale stabiliscono che muteranno le loro tecniche di produzione a favore del rispetto per la natura e per i lavoratori. Fra esse, colossi economici come General Motors, Jp Morgan, Amazon, BlackRock, che hanno scelto il radicale cambiamento, consci che il guadagno a tutti i costi ha effetti controproducenti.

Secondo il Financial Times questa manovra avrebbe anche il fine politico di rispondere all’avanzata dei movimenti populisti e sovranisti pronti a favorire l’industrializzazione priva di rispetto per l’ambiente e le popolazioni. Eppure, oltre a essere una risposta al governo Trump, il cambiamento di rotta appare più dettato dalla costatazione che l’eccessivo sfruttamento delle risorse e della manodopera mondiali, finiranno per generare un’inversione negativa del trend economico.

L’evoluzione e il progresso privi di programmazione ed equi sviluppi sociali hanno generato un eccessivo sfruttamento dei beni esistenti in natura che, però, non sono sempre surrogabili o sostituibili.

Le scelte economiche intraprese hanno favorito mutazioni frequentemente irreversibili.

Di fatto, il nostro pianeta, oltre a non essere infinito, se abusato come negli ultimi due secoli, non è inesauribile.

Di questo, le grandi potenze mondiali sono consce tanto da essere impegnate nella realizzazione di colonie spaziali e nella ricerca di pianeti vivibili. Piuttosto che salvare la Terra, quindi, mirano ad alternative dai costi iperbolici e, logicamente, destinate solo a un’elite. Dopo oltre due secoli dalla Rivoluzione Industriale, proprio negli USA, si assiste a un’analisi critica del capitalismo spregiudicato da parte di chi, anche avendo tratto immensi benefici economici dallo sfruttamento, ha deciso di analizzare la reale condizione del Pianeta. Eppure, mentre le multinazionali americane rivalutano le loro scelte passate, in Brasile le foreste amazzoniche sono oggetto di una massiva e sistematica deforestazione e di vasti incendi finalizzati allo sfruttamento di maggiori aree destinate all’agricoltura intensiva e alle attività estrattive. Non è un caso che il progressivo impoverimento della Terra sia originato da stati che hanno basato la loro consistenza economica sul capitalismo. Jair Bolsonaro in Brasile, Trump in America, Putin in Russia e così i loro omologhi in ogni stato retto da governi conservatori, di destra e sovranisti, sostengono il peggior capitalismo mondiale teso allo sfruttamento del Pianeta senza nessuna attenzione per la conservazione e la tutela dei beni naturali e del capitale umano. Le conseguenze hanno condizionato anche gli aspetti sociali e politici mondiali ma, la progressiva desertificazione, l’altissimo tasso d’inquinamento, l’innalzamento progressivo delle temperature, lo scongelamento dei ghiacciai, i grandi fenomeni migratori dovuti alla crescente povertà, sono relazionabili con il frenetico sviluppo industriale e il conseguente consumismo smodato. Quando, a breve, la sete di espansione e di ricchezza diverrà fine a se stessa, il confronto fra capitalismo e anticapitalismo sarà inevitabile. A quel punto, l’unica soluzione percorribile sarà l’equa distribuzione della ricchezza mondiale, a condizione che sia originata nel rispetto dell’uomo e dell’ambiente, con attenzione per la rinnovabilità di ogni beneficio tratto dal Pianeta. Seppure s’interrompesse contemporaneamente lo sfruttamento indiscriminato della Terra e dei suoi abitanti, così come l’emissione delle fonti inquinanti, per verificarne concretamente i risultati positivi, sarebbe necessario un lasso temporale compreso fra un ventennio e oltre un secolo. Porre termine alle attuali forme di capitalismo non è, quindi, una scelta ideologica ma un’esigenza volta alla sopravvivenza del Pianeta.

Mirare ai fabbisogni della popolazione mondiale piuttosto che agli utili societari è l’unica prospettiva economica futura cui ricorrere per salvaguardare la Terra.

L’ambiguità politica, l’approssimazione, l’arricchimento esasperato, l’assenza di lungimiranza, l’ambizione smodata devono cedere il passo all’equità sociale, alla conoscenza diffusa, al collettivismo e al progresso sostenibile.

Pena l’estinzione dopo una selvaggia selezione.

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