“Buongiorno. Ho lavorato per tre anni come collaboratore in un studio legale. Il compenso era misto 500 euro di fisso ed il 20 % su ogni pratica chiusa. A settembre ho scoperto di essere incinta e ho comunicato subito la notizia. A novembre mi è stato comunicato che non avevano più intenzione di pagare il fisso non solo per i mesi successivi ma anche per il precedente/lavorato ottobre. Allorché ho deciso di lasciare lo studio. Delle pratiche lavorate e chiuse ad oggi non ricevuto la mia parte. Cosa mi consigliate di fare? Grazie mille”.
Le parole di questa (presumibilmente giovane) avvocata, pubblicate sui social, sono un grido di dolore che purtroppo rappresenta la realtà di molti professionisti. Un compenso misero, composto da un fisso di 500 euro e una percentuale sulle pratiche chiuse, che non garantisce nemmeno la sopravvivenza. La beffa arriva con la scoperta di essere incinta: il fisso le viene tolto, non solo per i mesi successivi, ma anche retroattivamente, per il mese precedente già lavorato. Di fronte a questa ingiustizia, la scelta di lasciare lo studio è l’unica possibile. Ma la vessazione non termina: le pratiche da lei lavorate e chiuse non le vengono pagate.
Un sistema che premia lo sfruttamento
Questa storia non è un caso isolato. Lo sfruttamento lavorativo è una piaga dilagante fra gli avvocati, soprattutto tra i più giovani e precari. Negli studi legali regnano spesso orari di lavoro massacranti, retribuzioni inadeguate, pressioni psicologiche e mancanza di tutele. Un sistema che premia lo sfruttamento e mortifica la dignità professionale.
Dove sono le tutele?
Ci si chiede: dove sono le tutele per questi professionisti? Come è possibile che in un settore come quello legale, dove l’etica e la deontologia dovrebbero essere principi cardine, si verifichino simili abusi?
Serve un cambio di rotta
È necessario un cambio di rotta. Le Istituzioni, gli Ordini degli Avvocati e le associazioni di categoria devono intervenire con urgenza per contrastare questo fenomeno. Serve una normativa più stringente che tuteli i diritti dei lavoratori, garantendo condizioni di lavoro dignitose e salari adeguati.
A questa giovane collega va la nostra più sentita solidarietà.