Cannabis: occorre una proposta di legge per un settore promettente. Gli avvocati ODAV in visita presso la Fioridoro

“Ci sono persone che si scagliano contro una cosa quando non la capiscono”.

Mark Twain

Una delle piante coltivate presso l’azienda Fioridoro

Dopo la mancata approvazione dell’emendamento dell’art. 81 della Legge Finanziaria 2020 (che avrebbe dovuto fare chiarezza giurisprudenziale nel settore canapicolo italiano, e in particolare sul commercio di infiorescenze di canapa industriale), la componente agricola che si occupa di canapa si trova in mezzo all’ennesima bagarre politica, colpita ancora una volta da pregiudizi. Nel caos della legislazione italiana sulla canapa, infatti, si schierano da un lato i “proibizionisti” dando battaglia ai coltivatori di canapa industriale per l’assurdo assunto che coltivare canapa significhi coltivare droga (esiste una sostanziale distinzione tra cannabis ludica, terapeutica e industriale), dall’altro i sostenitori di una regolamentazione razionale della produzione e commercio delle infiorescenze di canapa industriale dalla quale estrarre molecole non psico attive come il cannabidiolo (CBD) e il cannabigerolo (CBG) necessari nell’industria farmaceutica e cosmetica. L’approvazione dell’emendamento dell’art.81 avrebbe introdotto una tassa sull’infiorescenza di fiori di canapa industriale sia per i fiori freschi che per quelli essiccati. Accomunare le infiorescenze di canapa industriale ai prodotti di tabacco e tassarle, era un modo per legittimare la produzione e vendita di un prodotto sicuro perché contenente meno dello 0,6% di THC (tetraidrocannabinolo), quindi non stupefacente, bloccando anche l’importazione di prodotti non conformi alla legge.

Ogni singolo Stato europeo ha una propria normativa di riferimento per quanto concerne la produzione e la vendita di canapa e prodotti derivati.

In Italia la Cannabis Sativa è sottoposta a un duplice regime normativo. La legge 242 del 2 dicembre 2016 (“Disposizioni per la promozione della coltivazione e della filiera agroindustriale della canapa) è il testo di riferimento che disciplina la produzione e l’utilizzo della cannabis sativa che considera pianta agricola e industriale. Si applica esclusivamente alle varietà ammesse nel Catalogo comune delle Varietà di specie delle piante agricole ottenute tramite sementi certificate dalla Comunità europea. Per il DPR 309/1990 invece, qualsiasi varietà di canapa indipendentemente dal suo tenore di THC, quanto a fiori, foglie, olii e resine è classificabile come pianta da droga dal Testo Unico Stupefacenti, ad eccezione della canapa coltivata esclusivamente per la produzione di fibre o per altri usi industriali consentiti dalla normativa dell’Unione europea (art.14). Una duplice interpretazione che crea confusione e una palese ambiguità sull’uso lecito ed illecito della pianta. Il problema è che né la normativa italiana né quella europea citano le infiorescenze tra le parti utilizzabili né le proibiscono esplicitamente.

Nella successiva “Circolare sulle modalità di coltivazione e le regole del florovivaismo” del Ministero delle Politiche agricole e forestali (MIPAAF) del 23.05.2016 è scritto che “Con specifico riguardo alle infiorescenze della canapa, si precisa che queste, pur non essendo citate espressamente dalla legge n.242 del 2016 né tra le finalità della coltura né tra i suoi possibili usi, rientrano nell’ambito delle coltivazioni destinate al florovivaismo, purché tali prodotti derivano da una delle varietà ammesse, iscritte nel Catalogo comune delle varietà delle specie di piante agricole, il cui contenuto complessivo di THC della coltivazione non superi i livelli stabiliti dalla normativa, e sempre che il prodotto non contenga sostanze dichiarate dannose per la salute dalle istituzioni competenti”.

I componenti della delegazione ODAV in visita alla Fioridoro

Per fare il focus sull’attuale panorama normativo italiano, le procedure di produzione, i prodotti e le risorse impiegate nel settore canapicolo italiano, l’Osservatorio del Diritto Agroalimentare e Vitivinicolo con un Law Tour condotto nel rispetto delle misure anti Covid, ha avviato un confronto concreto di conoscenza e proposte tra la delegazione  ODAV Puglia e un professionista della produzione italiana di canapa industriale, l’agronomo Pierluigi Santoro, founder della Fioridoro Lab.

L’azienda, specializzata nel vivaismo, si occupa della coltivazione di piante di cannabis certificate a basso contenuto di THC. Nella base di Grottaglie si produce in pieno campo la biomassa di canapa destinata ad aziende farmaceutiche per fini estrattivi. Le altre sedi sono a Napoli e a Viareggio (dove si trova il laboratorio di micropropagazione, di ricerca e sviluppo). Le varietà coltivate sono utilizzate per la produzione di fiore, con uno stelo sottile e un’altezza non superiore al metro, che si adattano perfettamente alle condizioni climatiche della zona.

È tra le prime aziende italiane nel settore, specializzata nelle tecniche agronomiche mirate al miglioramento genetico delle piante per aumentare la qualità e la produttività della cannabis sativa utilizzata a scopi industriali per sviluppare nuove varietà, in grado di formare una maggiore produzione di biomassa e di cannabinoidi. È necessario – come ha ribadito Santoro – che risulti possibile registrare le nuove varietà genetiche e agevolare la registrazione. La legge 242/2016 incentiva e promuove la coltivazione e la trasformazione della canapa per usi alimentari e cosmetici. Non cita i fiori ma non significa che non si possano utilizzare, come ha chiarito anche una recente sentenza della Suprema Corte di Cassazione (4920/2019). Stabilisce infatti che in Italia la coltivazione e la vendita di canapa è assolutamente legale fin quando i livelli di THC rimangono sotto la soglia 0,6%. Le infiorescenze, che è anche legale coltivare nel nostro Paese, sono quelle inserite nel Catalogo delle 68 varietà di canapa industriale certificate dalla Comunità Europea.

Occorre regolamentare le biomasse, le norme sulla produzione di talee che tramite i cloni consentono coltivazioni con profili identici nei valori, promuovendo lo sviluppo di un’economia della canapa. Si svilupperebbe anche un mercato relativo alla produzione di macchinari e tecnologie per la lavorazione del fiore, della biomassa e per l’estrazione. Si creerebbero così nuove prospettive occupazionali anche in questo momento di crisi post lockdown.

La Fioridoro Lab ha fatto costruire alcuni macchinari da aziende italiane per lavorare la biomassa separando il fiore dalla foglia.

L’Italia dal secondo dopoguerra fino al 1975 era tra i maggiori produttori di canapa industriale e con la legge n.242 la tradizione secolare su tecniche e modalità di coltivazione è stata recuperata, oltre a fornire al settore agricolo la possibilità di coltivare una pianta i cui benefici sul suolo e i cui molteplici impieghi risultano fondamentali per l’economia italiana e per quella mondiale.

Emerge chiaramente da un confronto “sul campo” che occorre una proposta di legge con lo scopo di colmare le lacune nella attuale normativa sulla coltivazione della canapa industriale. Per un imprenditore investire in canapa è ancora rischioso. La tutela dei lavoratori del settore canapicolo italiano è importante quanto quella dei lavoratori di altre aziende. Non cambiando le normative spesso si ha anche un’interpretazione restrittiva della legge che non menziona esplicitamente le infiorescenze tra i prodotti della canapa industriale ammessi alla commercializzazione e consumo. Data l’ambiguità molti agricoltori onesti rischiano di andare incontro a sequestri dei loro prodotti e al quasi blocco del consumo dei derivati del fiore e delle foglie di canapa, alla chiusura di nuove iniziative imprenditoriali e alla perdita di opportunità occupazionali.

Pierluigi Santoro, founder Fioridoro

Bisognerebbe puntare anche all’informazione e alla conoscenza dell’utilizzo della possibilità di impiego della pianta (foglie per estrazione, seme per uso alimentare e fusto per altre lavorazioni). È necessario quanto urgente definire una regolamentazione a sostegno di tutti gli agricoltori di canapa industriale da cui ricavano prodotti che favoriscono e non danneggiano la salute delle persone, a sostegno dei principi di libera iniziativa economica, per evitare di danneggiare tutti gli investitori che credono in un settore innovativo, investendo risorse e competenze.

 

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