La Corte di Cassazione, con la sentenza n. 1269/2025 depositata il 13 gennaio, ha stabilito che gli screenshot delle chat estratti dal telefono dell’indagato dalla polizia giudiziaria non sono utilizzabili, nemmeno con il consenso dell’indagato, se manca il decreto dell’autorità giudiziaria.
Il caso
La questione nasce da un controllo su un sospetto trafficante di stupefacenti, durante il quale gli agenti avevano ottenuto il consenso dell’indagato per accedere allo smartphone. Senza avvisarlo della possibilità di farsi assistere da un avvocato, la polizia aveva effettuato screenshot delle chat presenti nel dispositivo, utilizzandoli come prova.
La decisione della Cassazione
La Suprema Corte ha smentito quanto deciso in appello, dove tali screenshot erano stati considerati prove atipiche acquisite legittimamente. Rifacendosi a una precedente pronuncia (sentenza n. 39548/2024), i giudici hanno ribadito che i messaggi conservati nei dispositivi elettronici sono da considerarsi corrispondenza, tutelata dall’art. 254 del Codice di procedura penale.
La tutela della riservatezza
Secondo la Cassazione, chat, email e messaggi, fino a quando mantengono una rilevanza attuale, devono essere acquisiti solo previa autorizzazione del giudice, altrimenti si rischia una violazione del diritto alla riservatezza.