Non è servito né il rumore per Giulia Cecchettin né le parole forti, nette, coraggiose del padre Gino. Siamo di nuovo qui a interrogarci sulla morte di Vanessa Ballan, 27 anni mamma di un bambino e incinta di un altro. Ad ottobre Vanessa aveva denunciato Bujar Fandaj per stalking ma al pm il caso non sembrò urgente. Si poteva fare qualcosa di più per salvarla? Al netto di errori umani sempre possibili, a questo servono formazione e specializzazione degli operatori della giustizia: a riconoscere senza stereotipi né pregiudizi la violenza e a valutare correttamente il rischio.
Ieri è arrivata la sentenza per la barbara uccisione di Saman Abbas, la 18enne di Novellara punita con la morte perché aveva cercato di evitare un matrimonio combinato dai suoi parenti in Pakistan: ergastolo per i genitori, solo 14 anni allo zio autore materiale del delitto, assolti i cugini.
Una sentenza importante ma dalla quale ci aspettavamo sicuramente di più.
Stamattina è giunta la notizia che in Iran è stata giustiziata per impiccagione Samira Sabzian, l’ex sposa bambina in carcere da 10 anni per aver ucciso il marito.
Storie diverse e femminicidi diversi, naturalmente. Ma la radice di questi crimini contro l’umanità è sempre la stessa: il patriarcato, che ovunque nel mondo stabilisce che un uomo può disporre di una donna e del suo corpo, che sia sua figlia, sua moglie, sua madre. Nessun paese, seppure in modo diverso e con declinazioni diverse, ne è esente, nel mondo. Una cultura per cui l’uomo è padrone e potente, la donna ha minori diritti e minore dignità, un oggetto di proprietà maschile.
Una cultura che si combatte solo promuovendo il rispetto dei diritti umani femminili, la parità, l’empowerment delle donne, in tutto il mondo.
Valeria Valente, senatrice del Partito Democratico
