Segnalibro / Selvaggia, dalla teglia alla taglia

Partiamo da una premessa: una che dedica il suo libro alla pizza mi sta automaticamente simpatica. Se poi quella stessa autrice è anche in grado di nascondere dietro un tono ilare delle strigliate pazzesche nei confronti di una società che vuole la donna assoggettata a criteri di perfezione assoluta, allora posso tranquillamente affermare che a me quell’autrice piace. E molto.

Sto parlando di Selvaggia Lucarelli e del suo ultimo libro edito da Rizzoli: Falso in bilancia.

Una raccolta di aneddoti della sua vita da buona forchetta costretta a rientrare in una taglia 42. Quello che può sembrare un libriccino – che effettivamente si legge in un batter di ciglia – è in realtà l’occasione per smascherare alcune trappole in cui tutti noi, dal primo all’ultimo, siamo caduti. L’era dei social, poi, ha fortemente contribuito a fare dell’aspetto fisico la questione fondamentale, etichetta imprescindibile a cui ricondurre il giudizio totale sulla persona.

Selvaggia racconta, con disarmante sincerità e una buona dose di ironia, il momento esatto in cui ogni donna – sì, sì, è successo proprio a tutte – inizia a guardarsi diversamente. Passa, cioè, dalla fase in cui lo specchio è solo un elemento di arredo della stanza a un’altra in cui diviene il nemico principale, faro rivelatore di difetti estetici, buchi di cellulite, burrose rotondità indesiderate.

Un momento che è senz’altro traumatico per ogni ragazzina, specie se oltre che con se stessa si ritrova a dover fare i conti con compagni di scuola, amiche e parenti che non fanno altro che evidenziare la questione “chili di troppo”.

Quel senso di inadeguatezza, quel terrore di stare assumendo troppe calorie, quella fame che diviene quasi impossibile da colmare, restano cuciti addosso a ogni giovane donna, ledendo la sicurezza in se stessa e facendole credere di non andare bene, di non essere abbastanza.

L’esteriorità passa in primo piano, opacizzando come un velo coprente tutte le altre virtù, quali intelligenza, simpatia, talento. Diciamolo: se sei bella e magra e poi si dà il caso che tu sia anche bravina, allora hai sbancato il jackpot; se sei in carne ma estremamente capace, quello stesso talento viene ridimensionato.

Michela Murgia – una delle migliori autrici italiane in circolazione – ne sa qualcosa. Negli ultimi tempi, a causa delle sue idee politiche, è stata presa di mira da alcuni leoni da tastiera. Sì, sì, quelli che non azzeccano un congiuntivo neanche per sbaglio, proprio loro. Questi individui hanno iniziato a inveire contro di lei e la sapete una cosa? Non le hanno risposto mostrandole divergenze di opinione. Non le hanno detto che loro la pensano diversamente, argomentando le loro motivazioni. No, no. Ciò che si legge nei commenti sotto ai suoi post è sconcertante: un tripudio di insulti sul suo aspetto fisico che ti fa sperare nell’estinzione del genere umano tutto.

La stessa cosa, sebbene per ragioni diverse, è accaduta a Vanessa Incontrada, di cui la Lucarelli parla nel suo libro. Ma Vanessa Incontrada è splendida, mi direte. E avete ragione, lo penso anch’io: è bellissima. Eppure, strano a credersi, è stata vittima del bodyshaming quando è ingrassata a causa della sua gravidanza.

Questo gusto di ferire qualcuno nel profondo, solo perché tanto si è protetti dallo schermo di un computer, fa davvero rabbrividire.

Mi sono chiesta più volte, leggendo Selvaggia, se quel libro avrebbe potuto scriverlo anche un uomo. La risposta è no, non avrebbe potuto. E non perché i ragazzi non vengano presi in giro riguardo al loro aspetto, ma è qualcosa di confinato al periodo della pubertà, in cui tutti sono un po’ cattivi e si cerca di evidenziare la debolezza dell’altro per non mostrare la propria.

Il disprezzo nei confronti della donna che mangia un bel piatto di lasagne senza farsi problemi è invece profondamente radicato. Ed è proprio questo seme che dovremmo estirpare.

Brava Selvaggia, per averci provato.

Per amor di cronaca, però – e visto che la Lucarelli ci ha reso partecipi di molti episodi della sua vita – ne racconto anche io uno della mia, che però ha la motivazione contraria: sono stata insultata perché magra.

Eh sì, neanche le magre hanno vita facile, questo ve lo assicuro. È convinzione comune, infatti, che la magra sia stronza. Non importa quanto si cerchi di essere simpatica, di piacere agli altri, di essere una buona amica. Se si ha una taglia 40 si è stronze. Questo secondo tutti quegli articoli a favore delle curvy. Che vanno bene, ci stanno. Difendiamole, le curvy. Ma perché la magra deve essere il nemico? Eh no, il nemico non è la magra. Il nemico è chi vuole sempre definirci per il nostro aspetto fisico, comunque esso sia.

Da ragazzina non superavo i quarantasette chili per un’altezza di poco inferiore al metro e settanta. Un giorno una mia amica, che si faceva cruccio dei suoi chili di troppo, in risposta a un minimo segnale di apprezzamento altrui nei miei confronti, mi apostrofò con un “Sei magra come una capra”. Che lì per lì pensai: ma perché, le capre sono magre? Non c’erano altri animali a cui associarmi? Questa inefficacia semantica fu tuttavia compensata da un’aggressività dei toni e da uno sguardo disgustato. Voleva ferirmi, dirmi che sì, sarò stata pure magra, ma comunque facevo schifo, insomma. E non posso neanche giustificare questo attacco vile dicendo che magari soffriva perché ero più ammirata di lei. No, era proprio il contrario: il suo aspetto florido incontrava il gradimento maschile, mentre a me, occhialuta e con l’apparecchio ai denti, generalmente non mi si guardava neanche di sfuggita. E allora cos’era, cattiveria gratuita? Può darsi.

Essere insultate per il proprio aspetto è sempre triste. Quando poi a farlo sono altre donne, la cosa raggiunge vette di assurdità tali da restarne agghiacciati. Non va bene se sei troppo in carne, non va bene se sei magra, non va bene se ti trattieni dal mangiare perché altrimenti ingrassi né se continui a mangiare pur essendo già grassoccia, non va bene se sei magra e sei a dieta, né se mangi di tutto senza mettere su un chilo, perché beh – vedi sopra – sei stronza.

E se fossimo tutte un po’ più solidali le une con le altre? Non sarebbe forse meglio? Mangiare quanto e come ci pare, ingrassare e dimagrire, essere beatamente donne fisarmoniche senza dover rendere conto a nessuno di quante calorie abbiamo ingurgitato?

Dirci: “Ti trovo bene”, invece di: “Hai messo su qualche chilo?” o “Mamma, quanto stai sciupata!”. Ecco, quello sarebbe un bel mondo in cui vivere.

La libertà di sbafarsi ciò che si vuole a tavola è qualcosa di meraviglioso. Qualche anno dopo l’episodio della capra ero a cena con un amico, il quale dopo avermi sentito ordinare patatine fritte, panzerottini, straccetti di pollo piccante e una pizza con una lista di ingredienti infinita, mi sorride complice e mi dice: “Aaah, finalmente una che dà soddisfazione!”.

Salut!

FALSO IN BILANCIA

Selvaggia Lucarelli

Rizzoli

€ 17.00, pp. 195

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