Castello delle cerimonie, quanti danni fa la lentezza della giustizia in Italia

Dopo 13 anni di battaglie legali, la Cassazione ha reso esecutiva la confisca del Castello La Sonrisa, noto come “Il Castello delle Cerimonie”. Una sentenza che arriva come un fulmine a ciel sereno per i circa 200 lavoratori che ora temono per il loro futuro.

Un iter giudiziario interminabile

La storia giudiziaria del Castello ha in realtà inizio nel 2011 con la contestazione di un alto numero di abusi edilizi realizzati a partire dal 1979 su un’area di più di quarantamila metri quadri. Successivamente, nel 2016, anno della morte di Tobia Antonio Polese (il “Boss”), il tribunale di Torre Annunziata condannò a un anno di reclusione Rita Greco, la moglie, e Agostino Polese, il fratello, amministratore della società. La sentenza di primo grado venne poi riformata in parte dalla Corte d’Appello di Napoli e solo adesso è passata in giudicato.

Le vicissitudini giudiziarie, iniziate nel 2011, si sono concluse solo qualche giorno fa con la sentenza ma nel frattempo Il Castello ha avuto il tempo di arrivare al grande pubblico con l’inizio del format televisivo nel 2014 e dare lavoro a centinaia di persone, un indotto economico decisamente importante per il piccolo paese dell’hinterland partenopeo.

Un futuro incerto per i lavoratori

Il Castello delle Cerimonie rappresenta un’importante fonte di reddito e di occupazione per Sant’Antonio Abate. Ora, con la confisca, il destino dei dipendenti è incerto. La struttura può essere solo demolita o utilizzata per scopi di pubblica utilità.

Il Comune di Sant’Antonio Abate si trova di fronte a un dilemma

Da un lato, c’è la necessità di salvaguardare il lavoro di 200 persone. Dall’altro, la legge impone la demolizione o l’utilizzo per fini di pubblica utilità di un immobile abusivo.

Un iter giudiziario interminabile che ha avuto come unica conseguenza quella di lasciare in sospeso per anni il destino di centinaia di persone

La vicenda del Castello delle Cerimonie non è un caso isolato. Sono tanti i cittadini e le realtà economico-produttive che si ritrovano impantanati in processi che durano decenni: l’Italia si colloca infatti agli ultimissimi posti in Europa proprio per la durata dei processi. Lunghi quasi quanto i festeggiamenti di un matrimonio napoletano.

(Si ringrazia Francesco Lastaria per la segnalazione del caso)

 

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