La convinzione che la lentezza della giustizia civile dipenda dagli avvocati è un pregiudizio ben radicato negli uffici legislativi.
L’inutilità dei numerosi e frequenti interventi legislativi hanno ampiamente smentito questa convinzione, ma si sa, se chi scrive le norme è un magistrato fuori ruolo, ben difficilmente farà i conti con i fallimenti collezionati, e difficilmente ammetterà che per accelerare la giustizia servono più sentenze e quindi più giudici.
Anche il meno capace degli avvocati sa che il suo obiettivo è convincere un giudice e che quindi la chiarezza e la sinteticità degli atti è nella stessa ragione stessa delle cose, ma niente da fare, il mito dell’avvocato prolisso e perditempo è un alibi troppo comodo da utilizzare e non può essere abbandonato.
Il decreto 7 agosto 2023 n. 110 è inaccettabile, come del resto era inaccettabile l’abbandono del principio della libertà delle forme realizzato dalla riforma Cartabia.
In realtà, sinteticità e chiarezza degli atti c’entrano poco, perché lo scopo, come da tempo aveva segnalato dal prof. Giuliano Scarselli, non riguarda una giustizia giusta, ma la volontà di costringere l’esercizio del diritto in schemi informatici da dare in pasto alle macchine, con un sostanzioso risparmio di spesa.
La sfiducia che emerge dal decreto è per gli avvocati massima, ne sancisce definitivamente l’immagine di un peso inutile, di cui liberarsi quanto prima con l’aiuto della tecnica e con la definitiva affermazione della supposta autosufficienza del giudice.
Il limite posto dal decreto non riguarda solo il numero delle pagine degli atti giudiziari, ma poiché gli avvocati sono considerati scarsamente affidabili, il numero dei caratteri, le dimensioni del carattere, l’interlinea da utilizzare, i margini, le note (cfr. art. 6),
Le reazioni delle rappresentanze dell’avvocatura, al solito, sono state tardive ed inutili, come del resto già sperimentato in passato per i continui sbarramenti posti all’accesso della giustizia.
Dal decreto traspare anche la completa accettazione della mercificazione del diritto ed infatti i limiti sopra esposti non si applicano alle cause di valore superiore a euro 500.000, come se l’importanza di controversia possa derive dal suo valore. Lo perdita della casa o del lavoro di un indigente ha scarso o nessun rilievo per l’economia, mentre ne ha molto di più una controversia tra banche o grosse imprese.
Nella nuova visione della giustizia gli avvocati non sono più solo troppi, ma sono addirittura inutili, il tecnico del diritto è un intralcio di fronte all’apparente rigore scientifico degli algoritmi.
Non credano però i magistrati fuori ruolo di risolvere i problemi della giustizia, relegando gli avvocati nel girone dei prolissi, perché a breve la forza distruttiva di queste innovazioni travolgerà anche loro.