Il decreto legislativo n. 149/2022 nel dare attuazione ai contenuti della legge delega n. 206/2021, aveva previsto (art. 35) l’entrata in vigore della gran parte delle nuove norme a decorrere dal 30 giugno 2023 con applicazione ai procedimenti instaurati successivamente a tale data, e nella relazione illustrativa veniva spiegata la scelta “al fine di consentire un avvio consapevole, da parte degli operatori, delle novità normative” nonché, si ritiene, per consentire una adeguata organizzazione degli uffici e la necessaria implementazione delle procedure telematiche. L’anticipazione dell’entrata in vigore della riforma del rito civile, disposta dall’art. 1, comma 380 della legge di bilancio per il 2023 [l. n. 197/2022 che è intervenuta sulla disciplina transitoria della riforma del processo civile e delle ADR disposta dal d.lg.s n. 10 ottobre 2022, n. 149, modificandone gli artt. 35, 36 e 41, incidendo, dunque sia sul codice di procedura civile e relative disposizioni di attuazione (art. 35), che sul d.lgs. n. 28/10 e sulla l. n. 162/2014 (art. 41)] ha creato non poco sconcerto, provocando proteste e richieste di ripensamento di una scelta che acuisce le problematiche e criticità già da più parti segnalate, creandone ulteriori.
In forza dell’ormai noto refrain “lo chiede l’Europa” ci troviamo ora a dover affrontare un codice processuale in gran parte rinnovato con una serie di adempimenti a carico degli avvocati, eppure non si sentiva alcuna esigenza di un’ennesima riforma del rito civile, né tantomeno la necessità di un’entrata in vigore così ravvicinata nel tempo con strutture probabilmente non pronte a recepire le novità.
Basti pensare alla situazione degli Uffici del Giudice di Pace, con criticità evidenziate in tutto il territorio nazionale nelle recenti cerimonie di inaugurazione dell’anno giudiziario (a Roma la scopertura di organico ha superato il 70% per quanto riguarda i giudici e del 37 % del personale amministrativo, in molte sedi i numeri sono ben più critici, il dato nazionale si attesta intorno al 45%), privi ancora delle procedure telematiche che la stessa legge prevede si applichino dal 30 giugno 2023, previsione forse troppo ottimistica.
Ebbene la riforma prevede ora che la competenza per valore del Giudice di Pace viene elevata per le cause relative a beni mobili fino a € 10.000 euro e per le cause di risarcimento del danno prodotto dalla circolazione di veicoli e di natanti fino a € 25.000 con un prevedibile afflusso di migliaia giudizi che resteranno “impantanati” nel dissesto organizzativo e che torneranno comunque in tribunale per il grado di appello, in quanto ben difficilmente le parti potranno accontentarsi di una pronuncia di un giudice non togato.
Le istituzioni ed associazioni forensi hanno già presentato al Ministero apprezzati documenti critici avanzando proposte di modifica e chiedendo di essere ascoltati in occasione della predisposizione dei decreti attuativi (ne sono previsti circa venti) e dei decreti correttivi consentiti dalla norma ma l’entrata in vigore della riforma è ormai alle porte e gli avvocati, da tempo abituati a confrontarsi con un legislatore “schizofrenico” si stanno preparando all’ennesima operazione di “adeguamento”.
Proviamo ad esaminare in poche parole quanto è necessario fare per “affrontare” al meglio la riforma, almeno con riferimento al procedimento di cognizione ordinario.
Anzitutto sarà necessario acquistare l’ennesimo nuovo codice “aggiornato”, facendo attenzione che siano riportate anche le modifiche portate dai provvedimenti di fine dicembre 2022 (legge di bilancio e mille-proroghe), è opportuno leggere i contributi della dottrina che hanno già ampiamente esaminato le principali innovazioni portate dal combinato disposto della legge delega n. 206/2021 e del decreto legislativo n. 149/2022 e magari seguire alcuni dei tanti seminari di aggiornamento che sono stati organizzati sul tema, in attesa dell’uscita dei primi manuali organici che accompagneranno le nostre serate.
In estrema sintesi si può dire che agli avvocati viene richiesta la redazione di atti più completi fin dalla prima difesa sia dell’attore che del convenuto, nel rispetto del principio di chiarezza e sinteticità, ora codificato, e che le memorie con le richieste istruttorie (i noti termini ex art. 183 c.p.c.) vengono anticipate con scambio di difese fra le parti nella fase antecedente la prima udienza, nella quale il giudice vede aumentati i poteri direttivi di gestione delle udienze, potrà “potenzialmente” decidere la causa o comunque prendere le decisioni sulle richieste di prove, fissare il calendario del processo ovvero optare per il rito semplificato (art. 183-bis -introdotto dall’ art. 3, comma 13 lett.c, del d.lgs. 149/2022).
Per chi dovrà proporre nuovi giudizi dal 1° marzo, attenzione dunque soprattutto alla ricordata nuova competenza per valore del giudice di pace (art. 7 c.p.c. come modificato dall’ art. 3, comma 1, del d.lgs. 149/2022), ferme restando le competenze per materie già esistenti.
La riforma prevede anche (art. 171-bis -introdotto dall’ art. 3, comma 12 lett. i, del d.lgs. 149/2022) che il giudice compia delle verifiche preliminari al fine di verificare la regolarità del contradditorio, l’esistenza di questioni rilevabili d’ufficio ed il rispetto delle condizioni di procedibilità ovvero l’esistenza di presupposti per procedere con rito semplificato, da segnalare alle parti per la redazione delle memorie integrative ed istruttorie.
Anche i giudici hanno compiti di rilevante importanza e termini ristretti per agire ed è questa una delle scommesse sulle quali il Legislatore ha investito ma l’Avvocatura è scettica, conoscendo la grave situazione di carenza degli organici dei magistrati e di dissesto organizzativo degli uffici.
Tornando alle “avvertenze” per i legali, Il termine a comparire di cui all’art. 163-bis non è più di 90 bensì di 120 giorni e va modificata anche la formula della “vocatio in ius” (di cui al comma 7 dell’art. 163, sia con riferimento al termine a comparire, non più 20 ma 70 giorni, sia per le avvertenze che ormai ricoprono molte righe dell’atto).
Il convenuto deve ora costituirsi 70 giorni prima dell’udienza, prendendo posizione in modo chiaro e specifico sui fatti di causa e depositare i documenti che offre in comunicazione.
Attenzione alle notifiche che l’avvocato deve eseguire in via telematica quando possibile, salvo affidarle all’Ufficiale giudiziario, asseverando però l’impossibilità di notifica telematica o l’esito negativo, dichiarazione da inserire nella relata di notifica (art. 137, ultimo comma).
Si è già detto dell’introduzione del principio di chiarezza e sinteticità degli atti, introdotto nel titolo e nel testo dell’art. 121, invero già ormai sancito nella giurisprudenza e nella prassi, ma la cui codificazione fa temere possibili sanzioni processuali per il suo mancato rispetto, sul punto si attendono chiarimenti nei decreti attuativi che tutelino il principio, comunque prevalente, di libertà di forme.
Particolare attenzione va prestata anche al termine, molto ridotto, di soli 5 giorni dalla comunicazione, per opporsi alle scelte del giudice sulle modalità di svolgimento delle udienze, essendo ora stati ampliati i poteri di direzione dell’udienza con gli artt. 127-bis (udienza da remoto con collegamenti audio-visivi) e 127-ter (udienza a trattazione scritta), che recepiscono modalità di semplificazione ed innovazione recepite in tempi di pandemia, potenzialmente utili e non sgraditi all’avvocatura, con il rischio però di un utilizzo arbitrario per tenere i legali fuori dai tribunali, essendo la scelta affidata al giudice con decreto non impugnabile.
Anche la scelta sul rito, con l’eventuale passaggio al rito semplificato è rimessa al giudice con ordinanza non impugnabile.
Con la riforma sono state previste (articoli 183 ter e 183 quater c.p.c., introdotto dall’ art. 3, comma 13 lett. d, del d.lgs. 149/2022) delle nuove ordinanze provvisoriamente esecutive e potenzialmente definitorie, che possono essere adottate nel corso del giudizio di primo grado dal giudice, nelle controversie di competenza del tribunale, aventi ad oggetto diritti disponibili. Questi provvedimenti provvisori di accoglimento o di rigetto delle domande, pur essendo potenzialmente interessanti, non avranno verosimilmente molto successo, non formando giudicato per le parti, e statistiche per i giudici, ed intervenendo in un momento in cui il giudice ben potrebbe optare per il rito semplificato ed emettere sentenza.
Infine cambia anche la fase decisoria (art. 3, comma 13, lettere l) e m) d.lgs. 149/2022) in particolare con la soppressione dell’art. 190 c.p.c. e dell’udienza di precisazione delle conclusioni, vengono ridotte le ipotesi di rimessione al collegio e previste diverse ipotesi di modalità di decisione, nelle quali viene fissata un’udienza, rispetto alla quale decorrono tre termini a ritroso, rispettivamente per il deposito delle note di precisazione delle conclusioni (60 giorni prima), per il deposito delle comparse conclusionali (30 giorni prima) e, infine, per il deposito delle memorie di replica (15 giorni prima). Ciascuna parte può chiedere che la causa venga discussa oralmente e in tale caso non viene effettuato lo scambio delle memorie di replica e viene fissata un’udienza di discussione della causa.
Un discorso a parte meriterebbero le impugnazioni, viste con sempre maggior sfavore e fastidio dal Legislatore, sempre più a rischio di inammissibilità, nonostante la formale eliminazione del cd. “filtro”, ed in particolare il processo di Cassazione, per il quale continua il processo di restrizione dei margini per l’impugnazione delle sentenze, l’udienza è ormai naturalmente in camera di consiglio, tranne rare eccezioni, in cui venga ravvisata la “particolare rilevanza della questione di diritto”, tale da giustificare la trattazione in udienza pubblica, che peraltro fino al 30 Giugno va comunque richiesta da una delle parti (v. art. 8 comma 8 del d.l. 198/2022, cd. mille-proroghe).
Attenzione soprattutto alle previsioni dell’art. 380-bis che introduce un rito “accelerato” che comporta insidie per i legali che non accettano la proposta di rigetto del Consigliere delegato e chiedono la pronuncia del Collegio.
Interessante invece l’introduzione dell’art. 363-bis sul rinvio pregiudiziale in Corte di cassazione, che tende ad aumentare gli interventi della Corte in funzione “nomofilattica”, che non deve però portare a rinunciare alla fondamentale funzione di controllo di legalità e di rispetto delle regole processuali propria della Corte di Cassazione, sancita dall’art. 111 della Costituzione dopo ampio dibattito in Assemblea costituente.