L’Unione Nazionale delle Camere Civili torna a far sentire la propria voce contro le nuove disposizioni sul contributo unificato nei procedimenti civili. Con una nota firmata dal presidente Alberto Del Noce, l’associazione ribadisce le preoccupazioni già espresse con una lettera inviata il 25 novembre scorso, denunciando i rischi di una norma che potrebbe subordinare l’esistenza stessa del processo al pagamento del contributo unificato (CU).
Secondo quanto appreso (qui il comunicato del Ministero), sarebbe stato raggiunto un compromesso che prevede l’iscrizione a ruolo della causa solo previo pagamento del CU nella misura minima. Se da un lato questa soluzione attenua alcune criticità, come la complessità delle verifiche sull’effettivo versamento da parte dei giudici, dall’altro rimangono forti dubbi di costituzionalità.
“Subordinare l’accesso alla giustizia al pagamento di una tassa – avverte Del Noce – viola il principio sancito dall’articolo 24 della Costituzione, che garantisce a tutti i cittadini il diritto di agire in giudizio per la tutela dei propri diritti e interessi legittimi”.
Il presidente delle Camere Civili denuncia anche il rischio di una confusione tra il piano fiscale e quello processuale. “Mentre il primo attiene alla riscossione di tributi e all’applicazione di meccanismi di recupero e sanzioni, il secondo ha come unico obiettivo l’accertamento dei diritti. Mescolare questi piani è inaccettabile”, spiega Del Noce.
L’Unione Nazionale delle Camere Civili chiede quindi la modifica o la cancellazione della norma dal Disegno di legge, paventando non solo il rischio di un’ingiustizia sociale, ma anche una probabile censura da parte della Corte Costituzionale. “La Consulta non potrà ignorare una simile violazione dei principi fondamentali del nostro ordinamento”, sottolinea Del Noce.
L’UNCC sollecita una revisione complessiva delle norme sul contributo unificato, con l’obiettivo di garantire il pieno rispetto del diritto costituzionale di accesso alla giustizia. “Non si può ostacolare il diritto dei cittadini a far valere i propri diritti in tribunale – ribadisce il presidente –. La giustizia non può diventare un privilegio per chi può permettersela”.