CSM, Greco (CNF): “Necessaria riforma, via la politica e dentro gli avvocati”

“Per la composizione del CSM occorre una riforma che non consenta più alle correnti di governare il Consiglio e nel contempo elimini anche i componenti designati dalla politica, aprendo invece a componenti designati dalle professioni giuridiche. Un Consiglio Superiore della Magistratura, in cui la politica nomina buona parte dei componenti non può che portare a un CSM politicizzato. Oggi poi le correnti della magistratura corrispondono a varie associazioni della magistratura che peraltro sono più o meno vicine ai partiti politici, cosa che certamente bene alla magistratura e alla politica generale non fa. E allora la soluzione da me proposta è consentire all’avvocatura ordinaria, a quella dello Stato, a quella degli enti pubblici e anche all’accademia di designare i propri rappresentanti all’interno del Consiglio Superiore della Magistratura, realizzando un nuovo riequilibrato CSM, sottratto finalmente all’interferenza della politica, eliminando le nomine politiche che vengono fatte in Parlamento di soggetti legati ai partiti, sostituendo quindi i c.d. componenti laici con soggetti espressioni delle professioni.”: così Il presidente del Consiglio Nazionale Forense Francesco Greco nel suo intervento al convegno LE SFIDE DELLA GIURISDIZIONE: I MAGISTRATI, LA LEGGE E LA POLITICA svoltosi a Venezia il 10 e 11 novembre su iniziativa dell’associazione Magistratura Indipendente. Greco, ribadendo che per risolvere i problemi della giustizia occorre sinergia, collaborazione e partecipazione da parte di tutti, anche dei magistrati arroccati fino ad oggi nel loro corporativismo, sulla separazione delle carriere ha inoltre aggiunto che: “Ai sensi degli articoli 24 e 111 della Costituzione il principio del “giusto processo” può concretizzarsi solo attraverso una effettiva separazione delle carriere tra magistratura giudicante e magistratura inquirente. Fino a quando chi accusa e chi giudica saranno colleghi non ci potrà essere un processo giusto; come per paradosso non potrebbe essere giusto certamente un processo in cui chi difende e chi giudica fossero colleghi. Non sussistono i rischi di sottoposizione all’Esecutivo nel nostro ordinamento giuridico, perché la Costituzione non la prevede e perché neanche la politica la vuole.

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