L’uso di un immobile come portineria condominiale non è eterno. La Corte di Cassazione, con la sentenza n. 29199 del 12 novembre 2024, ha stabilito che chi acquista un locale adibito ad alloggio del portiere da un privato può destinarlo a un uso diverso, intimando lo sfratto per finita locazione al condominio.
Il caso concreto
Il signor M.G., aggiudicatario all’asta di un immobile utilizzato come abitazione del portiere, ha intimato sfratto al condominio di via OMISSIS. Il condominio si è opposto, sostenendo che il locale fosse vincolato come alloggio del portiere ai sensi dell’articolo 26 del regolamento condominiale, una destinazione mai modificata e non regolabile con i normali istituti della locazione per l’esistenza di un vincolo reale.
Il percorso giudiziario
In primo grado, il Tribunale ha rigettato la domanda di M.G., ritenendo l’immobile gravato da un vincolo di destinazione che configurava un’obbligazione “propter rem”. La Corte d’Appello ha confermato questa decisione. Tuttavia, M.G. ha proposto ricorso per cassazione, portando la questione davanti alla Suprema Corte.
La decisione della Cassazione
I giudici della Terza Sezione Civile hanno ribaltato le precedenti sentenze, chiarendo che il vincolo di destinazione perpetua non rientra nelle obbligazioni “propter rem”. Pertanto, il nuovo proprietario non è obbligato a mantenere l’uso dell’immobile come alloggio del portiere e può disporne liberamente. Questa pronuncia garantisce maggiore flessibilità per gli acquirenti e chiarisce i limiti delle destinazioni d’uso imposte dai regolamenti condominiali.
Qui il testo integrale della sentenza
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