Sophia Loren e quella battaglia legale durata oltre trent’anni

In occasione del compleanno di Sophia Loren, l’Italia celebra non solo la diva internazionale, ma anche una donna che ha affrontato con coraggio sfide ben oltre il grande schermo. L’intramontabile Loren, simbolo di eleganza e talento, si è resa protagonista di una vittoria importante nella sua carriera personale e legale: dopo una battaglia durata oltre trent’anni, la Corte di Cassazione ha messo fine nel 2013 a una complessa vicenda fiscale che la vedeva protagonista dal lontano 1974.

La vicenda legale: una lunga battaglia con il Fisco

Tutto iniziò nel 1980, quando a Sophia Loren venne notificato un accertamento fiscale per presunta evasione sui redditi del 1974. In quell’anno, l’attrice presentò una dichiarazione dei redditi insieme al marito Carlo Ponti, affermando di non avere guadagni da dichiarare poiché i compensi per i film a cui stava lavorando sarebbero stati erogati negli anni successivi. Il Fisco, tuttavia, contestò tale dichiarazione e iscrisse a ruolo un reddito imponibile superiore, sostenendo che la dichiarazione della Loren fosse omessa, e dunque doveva essere soggetta a una percentuale di condono più alta rispetto a quella applicata.

La questione si trascinò nelle aule dei tribunali per decenni, con una prima vittoria per l’attrice in primo e secondo grado. Tuttavia, la Commissione tributaria centrale di Roma, nel 2006, stabilì che il calcolo del Fisco fosse corretto, prolungando ulteriormente la battaglia legale. Ma nel 2013, finalmente, la Cassazione chiuse la vicenda, accogliendo il ricorso della Loren e confermando che l’attrice aveva applicato correttamente il condono fiscale del 1982, calcolando l’imponibile al 60% come previsto dalla legge.

I 17 giorni in carcere: un prezzo pesante

Questa lunga vicenda fiscale non fu priva di conseguenze personali per la Loren. Nel 1982, l’attrice fu addirittura costretta a trascorrere 17 giorni nel carcere femminile di Caserta, accusata di evasione fiscale. Quell’esperienza segnò profondamente la sua vita, ma alla fine si dimostrò essere un errore: le responsabilità della frode furono infatti attribuite al suo commercialista.

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