Falsificare la firma dell’altro genitore per iscrivere un figlio a scuola è reato. Lo ha ribadito la Corte di Cassazione con la sentenza n. 3880, depositata nei giorni scorsi, confermando la condanna di una madre per falso in atto pubblico ai sensi degli articoli 476 e 482 del codice penale.
Il caso e la decisione della Cassazione
La vicenda riguarda una donna che, nel gennaio 2019, aveva presentato domanda d’iscrizione della figlia a un istituto scolastico di Civitanova Marche, falsificando la firma del padre per attestare il consenso. Dopo la condanna in primo grado da parte del Tribunale di Macerata e la conferma da parte della Corte d’Appello di Ancona, la madre aveva presentato ricorso in Cassazione, ma la Suprema Corte lo ha rigettato in toto.
I motivi del ricorso respinti
La difesa della donna aveva sostenuto che il reato non sussistesse, poiché la falsa firma non aveva portato alla reale iscrizione della minore. Tuttavia, la Cassazione ha dichiarato inammissibile il motivo, sottolineando che la minore era stata iscritta all’istituto, come stabilito dai giudici di merito, e che eventuali successivi cambiamenti di scuola non annullano la falsità dell’atto.
Inoltre, la Corte ha ricordato che gli atti interni di un procedimento amministrativo – come la domanda d’iscrizione – rientrano comunque nella nozione di atto pubblico, se costituiscono un passaggio essenziale per lo sviluppo del procedimento.
Nessuna giustificazione per l’atto illecito
La ricorrente aveva anche invocato l’articolo 51 del codice penale, sostenendo di aver agito per dovere nei confronti della figlia e della sua istruzione. Anche questo motivo è stato respinto: secondo la Cassazione, falsificare una firma non è l’unico modo per garantire l’educazione di un minore, e quindi non può configurarsi come un’azione obbligata tale da escludere la punibilità.